La serialità: dalle origini sulla stampa quotidiana ai media digitali
- Massimo Clementi
- 29 ott 2024
- Tempo di lettura: 3 min

"Le serie" sono nate ben prima di Netflix: i primi racconti seriali dell'800
La narrazione seriale ha avuto un lungo sviluppo e un percorso storico che l’ha portata ad adattarsi ad ogni nuovo media a partire dai romanzi a puntate ー i feuilleton ー pubblicati sui giornali dell’Ottocento fino al ruolo della serialità sui media digitali.
La serialità è l’organizzazione di una storia in segmenti o episodi, con una struttura che vede svilupparsi parallelamente un arco narrativo che si chiude nel singolo segmento narrativo e un altro che si sviluppa attraverso i singoli episodi.
Questa strutturazione stimola la curiosità del lettore o dello spettatore, spingendolo a chiedersi cosa accadrà dopo. La serialità genera sia aspettativa che conforto nel pubblico, alimentati rispettivamente dalla curiosità per gli eventi futuri e dal desiderio di anticipare lo sviluppo della trama.
Il lettore ama i racconti che continuano nel tempo
Nelle narrazioni seriali il pubblico è attratto dalle novità, o almeno crede di esserlo, mentre quello che lo tiene legato a questi strumenti narrativi è la ripetizione di un modello di racconto costante che lo soddisfa: un fenomeno particolarmente efficace in una società in cui i modelli culturali sono convergenti e gradualmente simili. Le serie diventano quindi un modello di comportamento, fornendo un insieme di esperienze che possono essere utilizzate come riferimento.
La serialità è anche strettamente legata al concetto di attenzione. I media cercano di catturare e mantenere l’attenzione del pubblico, e il format seriale è perfettamente allineato a questo obiettivo. La frammentazione della storia in episodi uguali mantiene viva l’attenzione e la curiosità, aumentando l’engagement con il medium che ospita la storia. Il coinvolgimento del lettore verso la serialità ha tratti diversi rispetto a un romanzo o un lungometraggio cinematografico.
Se cercassimo di delineare le effettive e concrete differenze che ci sono tra un film e una serie televisiva, tra un romanzo e un romanzo d’appendice, l’unica vera diversità apparente è quella della lunghezza dell’opera e dell’arco temporale in cui viene diffusa. In realtà però le differenze sono molto più marcate e profonde; infatti, un film esaurisce in 2 o 3 ore il suo arco narrativo, il romanzo lo fa in centinaia di pagine, la narrazione seriale ha invece a disposizione tempi molto più dilatati per sviluppare e costruire una struttura più articolata e dettagliata. La maggiore persistenza di queste strutture narrative nella memoria del fruitore influenzano più profondamente la ricezione e il legame con la storia.
Da quando, assumendo un approccio interdisciplinare, le scienze cognitive hanno iniziato a occuparsi del mondo dei media e della narrazione si è approfondito lo stretto rapporto esistente tra letteratura, cinema e scienze cognitive e, successivamente, anche sulle implicazioni cognitive della narrazione seriale.
Per capire che cosa chiedono le narrazioni seriali agli spettatori, è importante analizzare le origini di queste strutture, per comprendere come la loro struttura e i temi portati siano cambiati nel corso degli anni e come, quindi, abbiano richiesto anche agli spettatori un cambiamento nei modi di fruizione. L’idea della serialità si ricollega a quella di ciclicità e ritualità, regalando l’idea della confortevole abitudine che il pubblico poteva ritrovare nel farsi rapire dai racconti in precisi momenti della sua quotidianità.
La narrazione ha la capacità di abituare la mente a muoversi in percorsi immaginari ed è in grado di allenare la comprensione di schemi replicabili poi nella realtà in termini di comportamento o soluzione a problemi. Infatti, nella serialità non solo assistiamo all’evoluzione della psicologia dei personaggi, ma le loro storie sono arricchite da salti temporali, approfondimenti su aspetti secondari delle loro vite, dettagli all’apparenza insignificanti ma che poi si rivelano di grande importanza per la risoluzione finale dell’intreccio.
Lo spettatore sa che ogni elemento della narrazione seriale non è casuale, ha un significato e una funzione precisa e questo è un aspetto che gratifica il fruitore. I racconti seriali sfidano lo spettatore a prevedere le evoluzioni della trama, a formulare teorie, contribuendo a far diventare la visione una vera e propria esperienza che si potrebbe definire interattiva e partecipativa, anche se questa interazione rimane solo nella sfera interna ed emotiva.
Questi elementi sono quelli che entrano in gioco quando si parla di coinvolgimento cognitivo, perché coinvolgono le abilità della mente e del cervello nel comprendere quanto viene raccontato. Il coinvolgimento emotivo invece diventa rilevante quando vengono prese in considerazione le emozioni che accompagnano l’esperienza di visione e ci permettono di creare un vero e proprio legame col prodotto mediale.
Questa unione con la narrazione è quella che con lo sviluppo dei media digitali ha visto la nascita di comunità di lettori e fruitori che hanno addirittura sviluppato altri filoni narrativi rispetto a quello principale.
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